Buon giovedì lettori del Salotto,
in questa nuova rubrica Un tè con le sorelle Brontë, dedicata ai romanzi storici, abbiamo pensato di parlarvi di un’autrice che in poco tempo ha conquistato il cuore di moltissime lettrici italiane: Rebecca Quasi. Mary ha letto Dita come farfalle e non vede l’ora di parlarvene!
in questa nuova rubrica Un tè con le sorelle Brontë, dedicata ai romanzi storici, abbiamo pensato di parlarvi di un’autrice che in poco tempo ha conquistato il cuore di moltissime lettrici italiane: Rebecca Quasi. Mary ha letto Dita come farfalle e non vede l’ora di parlarvene!
Autore: Rebecca Quasi
Editore: Dri Editore
Genere: Historical romance
Finale: Autoconclusivo
Pagine: 223
Prezzo: 14,15 (Ebook 3,99 o Gratis con KU)
TRAMA
Londra. 1818.
Per Lady Caroline Webster, figlia del duca di Clarendon, è naturale sposare per convenienza James Cavendish, duca di Rothsay. E non trova nulla di anormale nemmeno nell'essere del tutto ignorata da lui dopo le nozze. Del resto, unico scopo della loro unione è il mantenimento del casato e il concepimento di un erede, obiettivo che richiede sporadica e taciturna applicazione.
Il tranquillo menage precipita quando, in seguito a un aborto spontaneo, Caroline scopre che suo marito non è l'uomo freddo e posato che si è sforzato di apparire.
Per Lady Caroline Webster, figlia del duca di Clarendon, è naturale sposare per convenienza James Cavendish, duca di Rothsay. E non trova nulla di anormale nemmeno nell'essere del tutto ignorata da lui dopo le nozze. Del resto, unico scopo della loro unione è il mantenimento del casato e il concepimento di un erede, obiettivo che richiede sporadica e taciturna applicazione.
Il tranquillo menage precipita quando, in seguito a un aborto spontaneo, Caroline scopre che suo marito non è l'uomo freddo e posato che si è sforzato di apparire.
Recensione
In mondo fatto di regole e convenzioni sociali è consuetudine trattare il matrimonio come un dovere, quasi un impiccio. Lo sanno bene Caroline e James, rispettivamente figlia del duca di Clarendon e duca di Rothsay. Perciò, non gli sembra affatto strano fidanzarsi in “due e due quattro” e iniziare la vita per la quale sono stati cresciuti (o forse addestrati).
Quello che però non immaginava Caroline era che in casa sua, come duchessa di Rothsay, si sarebbe mai sentita di troppo o, peggio, trattata alla stregua di una domestica: il duca di Rothsay, infatti, non la considera nemmeno, se non per farle visita una notte ogni tre per dedicarsi all’obbligo per il quale si sono sposati: il concepimento di un erede. Per il resto del tempo, Caroline è sempre sola, sia durante i pasti, che durante il giorno; James, infatti, non è quasi mai in casa e, se lo è, se ne sta rintanato nel suo studio.
Quello che però non immaginava Caroline era che in casa sua, come duchessa di Rothsay, si sarebbe mai sentita di troppo o, peggio, trattata alla stregua di una domestica: il duca di Rothsay, infatti, non la considera nemmeno, se non per farle visita una notte ogni tre per dedicarsi all’obbligo per il quale si sono sposati: il concepimento di un erede. Per il resto del tempo, Caroline è sempre sola, sia durante i pasti, che durante il giorno; James, infatti, non è quasi mai in casa e, se lo è, se ne sta rintanato nel suo studio.
Colse immediatamente il senso di quella frase. Le stava in pratica dicendo che non erano obbligati a vivere insieme, che lui non se lo aspettava né lo desiderava e che lei avrebbe potuto scegliere un’altra residenza in seguito, cioè una volta rimasta incinta.
A farla sentire indesiderata, poi ci si mette anche suo marito, che non vede l’ora di liberarsi di lei. Così, quando Caroline rimane incinta, esprime di volersi trasferire nel Devon, in una delle tenute del duca, a portare a termine la gravidanza e crescere suo figlio. Purtroppo, le cose non vanno come sperano, perché, forse a causa dello stress dovuto alla perdita della madre, ma anche un po’ alla vita scialba che conduce, Caroline perde il bambino e da allora non è più la stessa.
Si rifiutava di odiarlo, perché era certa che odiarlo l’avrebbe intossicata, per cui lo aveva bandito dal proprio circuito emotivo, visto che conoscerlo non le era concesso.
Quel non provare niente che tanto l’aveva spaventata, si stava rivelando un ottimo compromesso.
Per calmare le acque, James suggerisce a sua moglie di trasferirsi nel Devon e lì, dopo tutto quello che ha passato, Caroline ritrova un po’ di pace, scopre di tenere a suo marito; benché nella sua testa, infatti, non ci sia mai stato spazio per l’amore, poiché tale sentimento era pura fantasia per una donna destinata a sposarsi per affari e non certo per via dei sentimenti, la duchessa comincia a sentire qualcosa per il marito James, anche se non capisce cosa.
Poi il duca fece qualcosa di inaspettato, sfiorò il braccio di sua moglie dal gomito fino alla mano, la sollevò e la strinse. Non la baciò, anche se fu evidente che gli sarebbe piaciuto farlo e che non si sarebbe limitato alla mano.
Al contempo, quando il duca viene a sapere che sua moglie, nel Devon, trascorre parecchio tempo con un loro vicino di casa, Sir Halifax, con il quale è molto amica fin dall’infanzia, James non riesce a tenere a bada la gelosia e si reca anche lui alla tenuta, decidendo di trascorrervi del tempo. Lì, tra una nuotata nell’oceano e una chiacchiera al chiaro di luna, Caroline e James scoprono che un matrimonio combinato non deve per forza essere terribile. Lontani dalla società londinese e dal rigido ton possono dare spazio al loro vero sé, qualcosa che nessuno dei due è mai stato abituato a fare.
Ho apprezzato moltissimo lo stile dell’autrice, non solo per le scelte lessicali, che rispecchiano il linguaggio dell’epoca, ma anche per il modo in cui ha affrontato una tematica importante come il matrimonio, considerando che spesso i matrimoni (anzi, quasi sempre) non avvenivano per amore, ma per semplice contratto. L’autrice ha trattato tale tematica con delicatezza, ma senza risparmiarci le umiliazioni e la repressione di carattere che spesso le donne erano costrette a subire – non è forse ancora un po’ così anche oggi?
Una lettura che vi consiglio assolutamente se, come me, amate gli historical romance.
Ho apprezzato moltissimo lo stile dell’autrice, non solo per le scelte lessicali, che rispecchiano il linguaggio dell’epoca, ma anche per il modo in cui ha affrontato una tematica importante come il matrimonio, considerando che spesso i matrimoni (anzi, quasi sempre) non avvenivano per amore, ma per semplice contratto. L’autrice ha trattato tale tematica con delicatezza, ma senza risparmiarci le umiliazioni e la repressione di carattere che spesso le donne erano costrette a subire – non è forse ancora un po’ così anche oggi?
Una lettura che vi consiglio assolutamente se, come me, amate gli historical romance.
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