Tea, cookies &... Nata sotto il segno della sfiga


Buongiorno lettori,
come va? Noi ci teniamo a non abbandonarvi e torniamo a farvi compagnia con la nostra rubrica del venerdì Tea, cookies &… Dopo l'intervista di martedì a Sarah Arenaccio, oggi ci occupiamo del suo ultimo romanzo: Nata sotto il segno della sfiga e vi sveliamo alcuni particolari.

IL ROMANZO - A tu per tu con Sarah Arenaccio

Stavo pensando a un pitch da inviare a una casa editrice e mi è venuta in mente la storia di Beatrice e così mi sono messa a scriverla.

Titolo: Nata sotto il segno della sfiga
Autore: Sarah Arenaccio
Editore: PubMe
Collana: Literary Romance
Genere: Contemporary romance
Finale: Autoconclusivo
Pagine: 186
Prezzo: 10,99 (Ebook 1,99 o Gratis su KU)

TRAMA
Beatrice Bordin è una (quasi) trentatreenne romana, che non ha mai avuto una relazione sentimentale degna di questo nome. Il suo migliore amico, Anthony, cerca di spronarla a darsi una mossa; la classifica settimanale di Paolo Fox è, per loro, un momento irrinunciabile e si dà il caso che l’astrologo abbia previsto un nuovo anno favorevole al segno zodiacale di Beatrice, che si ritroverà a fare i conti con più di una novità. Nel giro di una giornata conosce, infatti, due uomini, Emiliano e Luca, molto diversi tra loro ma entrambi interessati a lei. Senza rendersene pienamente conto, Beatrice resta invischiata in un triangolo amoroso difficile da gestire. Dopo aver rovinato tutto con entrambi, è costretta ad affrontare la propria precarietà sentimentale, mentre la fede in Paolo Fox inizia a vacillare. Il pronostico dell’astrologo si è dimostrato fallace, e oltre a essere ancora single, Beatrice è sull’orlo del licenziamento per non aver consegnato il manoscritto a cui stava lavorando. Insomma, un disastro su tutti i fronti…

Sto per prepararmi per l’appuntamento, quando Anthony decide di farmi un’improvvisata durante la pausa pranzo. «Eccomi!» esclama.
«Eccomi cosa? Io devo uscire. Lo sai che devo incontrarmi con quel tizio.»
«Appunto, eccomi. Sono qui per aiutarti a decidere gli abbinamenti.»
«Stai scherzando, spero. Sono perfettamente in grado di vestirmi da sola per un appuntamento di lavoro. Ma per chi mi hai presa?»
«Bea, tu non sei in grado neanche di prenderti cura di te stessa, figuriamoci di decidere cosa mettere. O devo rinfrescarti la memoria?»
Incasso il colpo con disinvoltura, anche perché non mi pare di avere molta scelta. Lo lascio fare, tanto è di fretta e si toglierà dai piedi in breve tempo. Ne approfitto per impigrirmi un po’ sul letto: devo chiamarlo più spesso per queste incombenze, dopotutto.
«Allora, ho trovato questa gonna…» blatera.
«No, la gonna no, non mi sono depilata.»
Mi guadagno un’occhiataccia di rimprovero: per Anthony bisogna essere sempre al top e dedicarsi al nutrimento sia della mente sia del corpo. Io riesco a malapena a seguire l’ultimo consiglio, ma nel modo sbagliato.
Alla fine, dispone con ordine dei pantaloni dal taglio casual che non ricordavo neppure di avere e un golfino dalla scollatura a V. Noto con disappunto che non ha previsto una camicetta.
«E facciamole vedere quelle tette! Basta con questo abbigliamento da suora laica. Sei formosa? E allora puntiamo sulle forme!»
Sembra uno spot a favore delle modelle curvy e cedo abbozzando un sorriso.
Non ho tempo per discutere e nemmeno lui, che scappa di nuovo in ufficio mentre mi sto infilando i pantaloni. Sulla porta mi grida: «Ripasso stasera per decidere cosa ti devi mettere per la festa. Tu fatti trovare depilata! Anche sotto le ascelle!»
Ho le guance infuocate per la rabbia e l’umiliazione: sento le risate delle mie coinquiline provenire dalle loro camere.


I PROTAGONISTI

I protagonisti sono Beatrice, una trentatreenne single e sottopagata che condivide l’appartamento con delle studentesse universitarie e Anthony, il suo migliore amico da una vita, che è il suo opposto ma c’è l’oroscopo di Paolo Fox a legarli.


Inaspettatamente, ‒ ma non del tutto ‒ Anthony si materializza nella mia stanza, un classico ormai intramontabile della sua pausa pranzo.
«Come stai?»
Sospiro.
«Ti vedo addirittura peggio del solito.»
Gli tiro una ciabatta addosso in segno di disapprovazione.
«Va bene, scusa. Sono preoccupato per te. Ti va di parlare un po’?»
«È che non so nemmeno io come sto. Non so se tutta questa agitazione è legata a un sentimento reale, oppure alla semplice mancanza di attenzioni da parte sua. So soltanto di avere paura di incontrare Emiliano, perché non ci siamo più visti da tu sai quando e ci siamo sentiti giusto il minimo indispensabile per portare avanti il lavoro in previsione della stampa del suo romanzo. Quello che stavamo scrivendo insieme, poi, non so neanche che fine abbia fatto. Cestinato, probabilmente.»
«Ancora non ho capito perché non vi siete chiariti.»
«Non chiedermelo di nuovo, ti prego. Vorrei soltanto mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi. Perché non si può?»
«Bea, ascoltami, è a questo che mi riferisco ogni volta che ti dico che hai bisogno di esperienze. Non tapparti le orecchie, stammi a sentire, non è una predica. Quando collezioni fallimenti, o errori, o comunque pezzi di vita, all’inizio sembra tutto orribile, soprattutto quando si tratta di sentimenti. E tu, in parte, conosci la questione, perché mi sei sempre stata vicina, ma questo non è il tuo bagaglio di disastri, è il mio. Quello che voglio dirti è che, di solito, nonostante tutto quello che succede, a trent’anni spesso non si ha ancora idea di ciò che si vuole ed è normale, ma si sa per certo ciò che non si vuole. A quest’ora dovresti saper riconoscere al volo ciò che non vuoi, invece tu, Bea, non sai un bel niente e ti assicuro che non ci sono libri o film in grado di insegnarti tutto questo.»
«Quindi mi stai dicendo che gli anni passati a studiare D’Annunzio e il suo stuolo di relazioni sentimentali non mi sono serviti a niente? A proposito, ti ho mai raccontato che era un feticista dell’intimo delle donne che si portava a letto?»
«Beatrice…»
Mi viene da piangere.


I LUOGHI

Un’importanza relativa. Nel senso che in questo romanzo particolare ho dato molto spazio ai personaggi e alle loro sfaccettature più che ai luoghi in cui è ambientato.

Mi sveglio in preda ai postumi di una sbornia.
È mezzogiorno e io sono devastata: ho la testa che mi scoppia e a malapena ricordo dove sono e come mi chiamo. Come faccio a ridurmi in questo modo ogni volta? Trattengo i conati di vomito appena in tempo per chiudermi in bagno. Poi mi viene in mente che questi non sono affatto i postumi di una sbornia e mi fisso allo specchio disgustata: sono semplicemente rimasta sveglia fino alle sei del mattino a guardare La casa di carta, mangiando non so quante e quali schifezze. Come se non bastasse, sono pure astemia, come ho potuto dimenticarmene? Sono una persona triste, lo so. La mia vita riceverebbe una sferzata di brio in più se bevessi, che so?, almeno qualche chupito rum e pera ogni tanto, un martini, uno spritz. Invece no. Non mi piace il sapore dell’alcol e sono condannata alla sobrietà eterna. E se ora non mi do una mossa a prepararmi, rischio anche di arrivare in ritardo al pranzo che mia madre organizza ogni domenica, con conseguente esposizione alla gogna familiare. Se avesse frequentazioni più social, non esiterebbe a espormi alla gogna mediatica, quindi, in fin dei conti, potrei quasi ritenermi fortunata. Non so perché tenga tanto a questi appuntamenti settimanali, a cui mi rende impossibile sottrarmi. Mi impone di andare, per poi trascorrere le successive due ore a criticarmi. Ogni volta sembra avere delle rimostranze da fare, nell’ordine, su come sono vestita, la piega dei miei capelli, il mio lavoro, la perenne mancanza di un fidanzato/a, – per un periodo ho tentato di convincerla che mi piacessero le ragazze e lei, anziché restare turbata, si è indignata comunque perché ero ancora single ‒ ma, soprattutto, su quanto mangio, sottolineando che è troppo e che dovrei darmi una regolata, nonostante sia lei a stabilire le porzioni. Una volta ho provato a non toccare quasi nulla, sostenendo di non avere appetito e limitandomi a sparpagliare il cibo nel piatto con aria mesta, come ho visto fare in qualche film sulle adolescenti con problemi alimentari. Il test ha funzionato, perché sono riuscita a dimostrare ciò che pensavo: mia madre mi ha criticato ugualmente, quindi è piuttosto evidente che non le importi quanto io mangi. Per fortuna, quella volta avevo già mangiato prima di andare a casa dei miei, altrimenti sarei morta di fame sotto lo sguardo inflessibile della mia genitrice.
Mi squilla il telefono e salto per lo spavento. Chi può essere a quest’ora? Ah già, è mezzogiorno passato. Tic-tac, tic-tac. Devo sbrigarmi.
È Anthony, il mio migliore amico. Devo rispondergli per forza, altrimenti chiamerà mia madre in preda al panico, aggravando la mia già precaria situazione. Lui è fatto così. Cioè male.
«Bea, sei viva? Ho appena ascoltato il tuo messaggio vocale.»
«Scusa?» tento di darmi un tono. Fra l’altro non ho idea di cosa stia parlando. Un messaggio vocale? Ma quando?
«Aspetta che controllo. Alle 5:47 di stamattina hai registrato un messaggio su WhatsApp in cui biascicavi di un certo Arturito…»
Smetto di ascoltarlo. Cristo, sono messa ancora peggio di quanto credessi. Confidando che almeno lui abbia portato a termine il suo percorso di disintossicazione da Netflix, spero che non abbia colto il riferimento alla serie tv e si limiti a fantasticare su un mio ipotetico spasimante d’origine iberica di nome Arturo. Ad Anthony non mancherebbe di certo la fantasia per creare un universo parallelo in cui io abbia una vita sociale, se non proprio sentimentale.

Non ne avete ancora avuto abbastanza di questo romanzo? Bene, allora più tardi non perdetevi la recensione di Sara che ha partecipato per noi al Review Party organizzato dalla casa editrice Literary romance! Nel frattempo fateci sapere cosa ne pensate commentando questo post o visitando il nostro profilo Instagram @ilsalottodimaryefede in cui siamo sempre attive.




Nessun commento